25/09/2012

A Torino, Con il Sud

di Carlo Borgomeo
Cari Amici,
La Fondazione CON IL SUD, nell’ambito della manifestazione nazionale per il sesto anniversario della sua nascita, vi invita il 28-29 settembre a Torino presso “Piazza dei Mestieri”. Dopo il successo della manifestazione per il quinto anniversario, tenuta a Napoli lo scorso anno con la partecipazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la Fondazione, in quanto espressione di un disegno unitario e nazionale, ha deciso di “festeggiare” il sesto anno in una città del Nord. L’evento vuole porre l’accento sui temi della fiducia e della coesione sociale, raccontando e condividendo le buone pratiche che si sono sviluppate al Sud che possono contaminare il Nord, superando lo stereotipo dello sviluppo a senso unico e l’idea di una Italia a doppia velocità.La manifestazione avrà molteplici appuntamenti con la partecipazione della rappresentanza dei soggetti di Terzo Settore italiano, delle Fondazioni di origine bancaria, di docenti e Istituzioni, per riflettere su un nuovo modello culturale e di sviluppo sostenibile.

Programma

Su questo evento si innesta il percorso formativo dei quadri del Terzo Settore delle sei regioni meridionali, una linea di intervento strategica della Fondazione CON IL SUD che ha come soggetti promotori il Forum del Terzo Settore; la Consulta del Volontariato c/o il Forum; la Conferenza permanente delle Associazioni Federazioni e Reti di Volontariato, ConVol; il Coordinamento di Centri di Servizio del volontariato, CSVnet: un progetto che nasce dalla volontà di Incrementare e migliorare le capacità di relazione e partecipazione nei processi sociali, dalla fase della programmazione degli interventi, alla valutazione e verifica dei risultati, costruendo una cultura e una pratica politica efficace delle organizzazioni di Terzo Settore del Mezzogiorno. L’evento sarà uno dei luoghi della formazione del progetto e vuole aprirsi alle rappresentanze di tutto il Terzo Settore italiano, che avrà la significativa opportunità di incontrarsi in un unico luogo e di riflettere sul futuro del nostro Paese.

Fqts: un cammino di crescita, autonomia rafforzamento del terzo settore

Riflessioni dei Gruppi di Pilotaggio e del Comitato Scientifico al documento per il seminario nazionale di Torino – 28/30 settembre 2012   Roma, 7 settembre 2012

L’esperienza formativa di tre anni dei quadri del terzo settore del mezzogiorno ha coinvolto molti più dirigenti, attivisti e volontari delle organizzazioni no profit meridionali rispetto ai veri e propri partecipanti “iscritti” ai percorsi didattici.Una comunità di attori a vario titolo di un percorso che ha messo in discussione i rapporti e le relazioni tra le anime dell’associazionismo, cooperazione e volontariato, le pratiche di confronto e lavoro comune, le modalità di approccio con la pubblica amministrazione, soprattutto per quanto riguarda il sistema del welfare.Gruppi di “pilotaggio”, partecipanti ai percorsi formativi, tecnici e formatori di staff piuttosto che docenti ed esperti “vicini” o espressione delle varie realtà regionali formano oramai delle reti di fatto, che discutono e si confrontano spesso al di là degli obiettivi di progetto veri e propri.
Non una rivoluzione, ma un cambio di rotta dalla frammentazione alla volontà di cooperazione comune e al reciproco riconoscimento di capacità e peculiarità diverse, che pone nuovi obiettivi e sfide precedentemente nemmeno visibili all’orizzonte. Un punto di osservazione più alto, che da una parte svela problematiche e terreni di impegno comune, dall’altra mostra con maggiore evidenza fragilità e inadeguatezze precedentemente nemmeno considerate nel continuo barcamenarsi tra urgenze quotidiane da una parte e scenari predefiniti, statici, granitici, dall’altra.

Con la crisi tutto muta, e formare una propria classe dirigente capace di promuovere e gestire processi di sviluppo possibili, concreti, efficaci appare una necessità non solo per le nostre organizzazioni, ma per il paese tutto. Qui si segna un nuovo punto di partenza: per uscire dalla crisi, le diverse strade possibili non passano tanto attraverso spericolate manovre finanziarie o la scoperta di nuovi prodigiosi investitori, quanto – più probabilmente – da un cambiamento di prospettiva che metta al centro della politica e dell’impegno economico valori e pratiche ben noti al mondo del volontariato e della cittadinanza attiva: partecipazione, responsabilità collettive, benessere sociale, cultura e solidarietà, sviluppo sostenibile, beni comuni. I valori del mondo della sussidiarietà al servizio del paese.

Si pongono allora alcune grandi questioni nazionali. Nazionali perché di tutto il paese e di tutto il vasto universo del terzo settore. Il mondo del noprofit, gli uomini e le donne della solidarietà organizzata e della cittadinanza attiva non sono un corpo estraneo alla società. Arretratezze culturali e formative, gap socioeconomici, divario digitale, fratture generazionali, mancanza di fiducia, scarsa coesione territoriale, labile coscienza sociale ed ambientale ecc. non sono forse tra i principali ostacoli per l’avvio di un volano di sviluppo nuovo? Proviamo allora a concentrare l’attenzione su priorità di azione nazionale per un’agenda comune al mondo della sussidiarietà ed al paese.

Guardare ai problemi ed alle sfide attraverso gli occhiali della formazione, della messa in opera di percorsi evolutivi della consapevolezza, delle capacità e dei saperi delle risorse umane più dinamiche nel campo della politica, dell’iniziativa economica, dei sistemi dell’educazione e del benessere sociale;

Investire sulle risorse umane giovani, non solo in senso strettamente formativo ma del maggiore spazio ed agibilità nella governance dei settori strategici economici e sociali del  paese;

Diffondere la cultura della legalità come dimensione prepolitica essenziale del “patto sociale” fondamentale tra le persone, i gruppi, le istituzioni della società e dell’economia, il rapporto con il mondo vivente da nord a sud del paese, ben oltre il concetto di argine all’urgenza della criminalità organizzata o dell’insicurezza urbana;

Intraprendere politiche e strumenti per valorizzare e godere dei beni comuni del paese. Un patrimonio storico, sociale, culturale e naturale che ha valore incalcolabile se indiviso e fruibile ai cittadini di oggi come alle future generazioni, ma se frammentato e ristretto ad alcuni privilegiati, tale multiforme patrimonio non si riduce a una frazione dell’intero, bensì subisce una decurtazione di valore in caduta verticale e distruttiva della stessa propria essenza;

Promuovere e sostenere una diversa regolazione delle transazioni monetarie, da una finanza del debito ad una finanza delle responsabilità, dall’economia della competizione all’economia della reciprocità e del benessere collettivo puntando sui “pilastri invisibili” della creazione di valore quali il capitale sociale, la coesione, la gratuità, perché la macroeconomia e  la dimensione globale sono legate alla qualità delle relazioni e degli stili di vita individuali e comunitari a livello diffuso e locale;

Assumere la consapevolezza che fiducia e coesione sono variabili dipendenti dalla partecipazione, e quindi adottare pratiche e politiche capaci di rivitalizzare la democrazia, ravvivare i meccanismi e i fondamenti della rappresentanza, promuovere le esperienze deliberative e partecipative come una componente rafforzativa e non alternativa delle istituzioni e della sussidiarietà. Percorsi possibili per generare il cambiamento.

Dall’ ultimo obiettivo enunciato è possibile avviare un vero e proprio programma di impegni per affrontare le priorità enunciate: sono infatti una realtà, di fronte alla crisi della democrazia delegata, le diverse esperienze di integrazione tra democrazia rappresentativa e cittadinanza attiva, sperimentazioni di “democrazia deliberativa”, “partecipativa” e “sussidiarietà orizzontale”. Anche le diverse forme di consultazione del terzo settore nell’elaborazione delle politiche di cui è protagonista (consulte, osservatori, conferenze del volontariato..) hanno sì presentato limiti di direzione dall’alto o di sordità di assessori e/o istituzioni, ma non vanno sottovalutate.
Questo perché se la democrazia rappresentativa è l’unica modalità che riesce a far esprimere tutta la comunità attraverso il voto e l’elezione, la separazione tra assemblee elettive e processi sociali, la totale delega alle istituzioni da parte del corpo elettorale segna quel limite che produce ceto politico permeabile agli interessi dei poteri e dei conflitti che dovrebbe regolare. In ciò è possibile rintracciare i germi, per esempio, dell’assistenzialismo clientelare, del familismo, di quella corruzione pubblica che è un fenomeno nazionale. Se pensiamo che le mafie del nostro paese si originano dai limiti storici delle politiche meridionaliste delle classi dirigenti italiane del Nord, che prima e dopo l’Unità d’Italia favorirono le classi dirigenti parassitarie del Sud e il latifondo, e poi, con la Repubblica, sostennero politiche clientelari e assistenziali, non possiamo non vedere come è proprio la separazione tra cittadini e “sovranità” ad essere il centro del problema.Occorre quindi una lotta comune da Nord a Sud contro la corruzione attraverso la cittadinanza attiva, il controllo diretto dei cittadini che si impegnano a tutela degli interessi generali, una diffusa partecipazione alla vita pubblica. Così è possibile una lotta comune contro le mafie.  Ma pure è vero che in questo spazio tra cittadini e istituzioni, dove si muove la cittadinanza attiva lavorando alla definizione delle politiche e alla loro attuazione, si sviluppano anche alleanze e affinità, sodalizi di storica memoria come interlocuzioni inedite. Operando, ed operando insieme, si costruiscono esperienze economiche e sociali alternative. I’approccio alla sperimentazione, al livello generalmente locale, può assumere carattere globale se ha la capacità di mutare le relazioni, produrre benessere ed economia in maniera del tutto nuova e trasferibile, ossia esemplare per altre comunità prossime e quindi per il paese e – per questa strada – anche oltre. Per tale motivo la pratica di nuovi stili di vita oggi può mettere in discussione modelli e paradigmi complessivi. Questo perché  la crisi che stiamo vivendo non è solo finanziaria, economica, ambientale, ma anche di “felicità”. A generare la crisi sono anche le caratteristiche di un’economia alienante, che trasforma i rapporti con la natura e gli altri uomini in cose, in merci da consumare o da scambiare per interesse egoistico e individuale, quando invece la parte della nostra vita più significativa – quella affettiva, culturale, religiosa, sociale passa altrove.

Un esempio concreto di organizzazione locale per rispondere a bisogni immediati quanto primari e connessi al benessere, è certamente quella dei Gas, i gruppi di acquisto solidale. Ma i Gas incidono non solo sulla qualità della vita e la salute individuale, ma su meccanismi economici globali perché tagliano i costi della distribuzione stabilendo un rapporto diretto produttore/consumatore, risparmiano sui costi di trasporto e nelle emissioni di CO2 con i prodotti a km zero, controllano la qualità delle produzioni, svolgono attività di educazione alimentare, creano legami sociali e fanno comunità.Al servizio di esperienze come questa come delle tante altre forme di economia solidale e del benessere – dagli asili nido di quartiere ai servizi socioeducativi in genere – ed a pressoché tutti gli interventi del variegato mondo del terzo settore, si sviluppa il risparmio responsabile,  le mutue di autogestione finanziaria, le diverse forme di patrimonializzazione delle comunità. Banca Etica ne è un esempio. Si tratta in ogni caso sempre  e comunque di esperienze costruite mettendo al centro la fiducia, e quindi – di conseguenza – gli impieghi dei patrimoni raccolti non possono che seguire le i valori, le regole e lo stile del mondo che li hanno costituiti: fondi etici, investimenti in settori come quelli delle energie rinnovabili, attenzione all’ambiente ecc.In questo filone di iniziative di patrimonializzazione etica e solidale si inseriscono le esperienze – avviate prima al nord per iniziativa delle fondazioni di origine bancarie ed ora anche al mezzogiorno per tramite della Fondazione Con il Sud, delle Fondazioni di Comunità. In certi casi i Forum del III Settore ed i Csv hanno contribuito alla promozione ed alla raccolta necessaria alla costituzione dei fondi, intravedendo in tali iniziative la possibilità di creare patrimoni stabili tesi al sostegno dell’economia solidale e strumenti di finanziamento e governance territoriale alternativa al finanziamento pubblico. Ma questo legame tra dimensione locale del benessere e di sviluppo di comunità e regolazione globale o comunque “macro” dell’economia, delle relazioni e interdipendenze tra persone, popoli, beni, risorse naturali, patrimoni comuni è anche una delle ragioni dell’attenzione e del nuovo impegno per la valorizzazione dei Beni Comuni, categoria di beni e “risorse” tanto naturali quanto immateriali, che ha una lunga storia. Oggi però problematiche ed opportunità connesse alla loro cura e godimento da parte della collettività vengono alla ribalta perché urge il contrasto del loro accaparramento da parte di privati, singoli, imprese, multinazionali in opposizione al non escludere dai benefici che portano, per l’appunto, una collettività che è quella umana, non limitata a ceti, nazionalità, privilegi e che include anche le generazioni future. Basta pensare all’acqua, che non può essere nel suo correre limitata da frontiere, e che non va esaurita come risorsa indispensabile alla vita. Per questo possiamo distinguere nei beni comuni elementi di interesse “transfrontaliero” e “transgenerazionale”: Il primo, perché per quanto alto, non può racchiudersi in un solo stato l’interesse della tutela di un bene comune; Il secondo perché  legato alle dichiarazioni ed impegni internazionali per lo sviluppo sostenibile: non possiamo pensare ad un bene comune se non come appartenente anche alle future generazioni. (Briganti) E’ centrale quindi, oggi, il dibattito sulla gestione e sulla “sovranità” dei beni comuni.La gestione dei beni comuni presuppone una relazione interpersonale e cooperativa, improntata alla solidarietà e condivisione che è negata dalla logica del mercato delle merci. Per usufruire e godere dei beni comuni, bisogna attivare il legame tra vita e democrazia, tra beni comuni indispensabili alla riproduzione delle condizioni di vita e  gestione comunitaria in un’ottica universalistica. I beni comuni, quindi, per definizione, non solo alienabili né privatizzabili. Lo stesso pensiero liberale, da John Locke fino alle costituzioni contemporanee, stabilisce che la proprietà privata è ammissibile nella misura in cui non degrada i commons, né penalizza i commoners, i non proprietari, i cittadini.Questa è la sfida concreta che abbiamo davanti, anche per un diverso sviluppo economico che ci porti fuori dalla crisi, proprio con riferimento a concretissimi beni comuni con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, come i servizi pubblici locali, ad esempio il trasporto pubblico e la mobilità sostenibile, in un paese come il nostro che è ai vertici mondiali per numero di automobili e trasporto merci su gomma. Quanto incide tutto ciò sulle diseconomie italiane? Ma potremmo aggiungere i servizi sociali, la salute, la qualità dell’amministrazione pubblica, la ricerca, la scuola, i beni culturali e il nostro paesaggio patrimonio dell’umanità, tutte cose essenziali per lo stesso sviluppo economico e sociale. La sfida che si presenta ad istituzioni pubbliche e terzo settore insieme, quindi, è mettere in atto modalità partecipative e di gestione per una responsabilità sociale condivisa, una gestione della cosa pubblica aperta alla proposta, alla partecipazione e al controllo dei cittadini attivi.  Di quale terzo settore abbiamo bisogno ?Il volontariato, l’associazionismo, il terzo settore costituiscono, per quanto detto, esperienze che di sé, per la solidarietà e la partecipazione di cui si nutrono e che generano costantemente, un patrimonio capace di esprimere e realizzare relazioni, comunità, economie diverse e alternative al modello liberista che ha generato la crisi  (economica, sociale, ambientale e di felicità) che stiamo attraversando . L’economia sociale deve camminare gradualmente verso una più equa distribuzione della ricchezza ed in particolare dei beni comuni. Deve rafforzare una rete di cittadini che considerano i beni comuni il momento culminate nella loro vita e che promuovono soluzioni economiche innovative basate sui beni comuni per creare un futuro più giusto”.Per raggiungere questo risultato è necessario che il terzo settore non si chiuda in nicchie che, per quanto virtuose, rischiano di sembrare solo “alternative” a stato e mercato. L’obiettivo deve essere diventare “alterativi” del mercato, alterarlo col progetto “politico” della partecipazione sui beni comuni (Briganti). Occorre cioè, contaminare il primo ed il secondo settore (economia pubblica ed economia privata for profit), senza demonizzarli, ma anche senza farsi cambiare nei fermi intenti politici. Il terzo settore deve, per concludere, modificare radicalmente l’economia pubblica e privata tradizionale con buone pratiche di governo e gestione partecipata dei beni comuni.

GRS, silenzioso assordante…un anno dopo

di Ivano Maiorella

Lo avevamo promesso: la radio è come noi, non sta mai zitta. E’ passato un anno da quando abbiamo incominciato: la rifinitura del progetto, la condivisione nella rete interassociativa del Forum del terzo settore, la costruzione della redazione, l’avvio dei numeri zero. E poi via: il Giornale Radio Sociale e le sue edizioni quotidiane, a partire dal 1 novembre 2011, che hanno potuto contare sin dall’inizio sulla collaborazione con Radio Articolo 1 per la produzione e con il circuito dell’Agenzia Area per la diffusione nelle radio in Fm. Col passare dei mesi altre radio si sono aggiunte, testate di informazione che hanno pensato di ospitare anche la voce del GRS nel loro palinsesto. La rete si sta allargando.Che cosa significa partire dicendo: la radio è come noi, non sta mai zitta? Non si tratta soltanto di uno slogan. Il mondo associativo esprime, nel suo complesso, una soggettività e una riconoscibilità che chiede di esprimersi, oltre i canali classici. La radio è lo strumento che per versatilità, immediatezza, calore emozionale, costi di produzione contenuti e infinite possibilità di diffusione può dare “nuova voce alla comunicazione sociale”. E così che il Giornale Radio Sociale ha incominciato ad esprimere punti di vista sugli argomenti di attualità più importanti, a parlare ad un’opinione pubblica ampia e varia, fatta di persone che conoscono il mondo del terzo settore o che non ne hanno una percezione precisa. Il Giornale Radio Sociale parla ad un pubblico molto vario, che ha confidenza con canali vari, che ha consumi culturali anche molto diversi al proprio interno.  La principale attrattiva del GRS è rappresentata forse dalla varietà e dalla novità dei contenuti che lancia, attraverso i quali pratica partecipazione e socialità.Il Giornale Radio Sociale è come il terzo settore perché è mobile e veloce ma allo stesso tempo profondo e riflessivo. Parla di “azioni” e chiama all’azione un’opinione pubblica sempre più frastornata e disinteressata alla partecipazione e all’interesse pubblico. Il terzo settore produce un’infinità di fatti: il GRS cerca di trasformare questi “fatti” in “notizie”. Il GRS nasce con caratteristiche giornalistiche pur sfruttando una “rete” interna, infinita e pulviscolare, fatta dalla rete territoriale/nazionale del terzo settore, ovvero di operatori, volontari, cittadini attivi. Anche comunicatori, molto spesso “professionalizzati”, raramente “professionisti”. La tendenza in atto nell’editoria sociale del terzo settore è quella di un progressivo spostamento dalla carta stampata al web. Le ragioni sono molte, a partire dalla crisi economica e dalla crisi del mercato editoriale: perché, allora, non provare ad utilizzare intensivamente la radio unita alle potenzialità tecnologiche del web?  Il canale “radio” si è dimostrato particolarmente versatile nel valorizzare la vocazione multimediale del terzo settore.Le caratteristiche tecniche del Giornale Radio Sociale sono semplici: un’edizione quotidiana di tre minuti impaginata con sei notizie (società, diritti, economia, internazionale, cultura, sport) che rappresentano una sorta di mappa attraverso la quale leggere la geografia del terzo settore, il modo di vivere e interpretare l’azione e l’organizzazione sociale. Il GRS viene diffuso alle 15 e trasmessa attraverso vari canali:- Radio FM: una rete di radio in tutta Italia che continuano ad aumentare. Oggi sono circa 50 emittenti (ascolti potenziali 250.000, dati Audiradio);- Sito Internet: il sito www.giornaleradiosociale.it  è una testata giornalistica dove è possibile leggere e ascoltare le notizie impaginate nell’edizione quotidiana del GRS. Non solo: la Redazione del GRS produce trasmissioni speciali di venti minuti ciascuna legate a temi sociali (esempio: una serie di sei speciali dedicati ai beni confiscati alla mafia e al terremoto in Emilia). Inoltre contenuti speciali audio in occasione di eventi del terzo settore che vengono seguiti e trasmessi in diretta. – Web: il logo (link) o il player del GRS vengono ospitati in decine di siti locali e nazionali delle organizzazioni sociali italiane. Questo meccanismo consente ogni giorno di moltiplicare contatti e ascoltatori (accessi da giugno 2012 a settembre 2012: 1.668.902)- Social Network: la Redazione del GRS moltiplica la rete e la diffusione delle notizie attraverso i sociale network, circa 500 persone seguono la pagina face book  e 250 quella twitter.Comunicazione sociale, non basta dirlo. Il Giornale Radio Sociale è una ricerca continua attraverso il “fare”. La redazione è composta da giornalisti e comunicatori interni alla rete del terzo settore. E’ aperta e diffusa a chi intende collaborare mettendo a disposizione contenuti che vengono vagliati dalla redazione. Il Forum del Terzo settore si è fatto editore e garantisce pluralità e credibilità: la coesistenza di varie anime e culture al proprio interno è condizione di pluralismo, indipendenza e libertà dell’informazione.Il GRS addiziona le regole della comunicazione sociale a quelle dell’informazione e del giornalismo, con l’obiettivo di praticare una ricerca quotidiana di modello di funzionamento e di materiale narrativo.L’idea di partenza è semplice: il terzo settore è in grado di esprimere culture, punti di vista, storie e fatti che vanno ripresi e raccontati con naturalezza, proprietà di linguaggio, rispetto per i suoi protagonisti. Sembra persino scontato, eppure se guardiamo al sistema dei media sappiamo che non è così. Evitare la retorica della spettacolarizzazione privilegiando la sostanza rispetto all’apparenza: è questo il pane quotidiano per i redattori e i collaboratori del GRS.La radio è canale di comunicazione capillare e non invadente, al contrario della tv. Accompagna e convive con altre attività. Senza la dittatura dell’immagine diventa un interlocutore di riflessione personale e non minaccia di rappresentare la persuasione occulta di chi “c’è dietro”. Forse perché non assorbe tutti i sensi, non ipnotizza, lascia spazio alla libertà e all’interazione.Il GRS è molto sintetico, soltanto tre minuti: la scarsità di tempo a disposizione costringe la Redazione  a selezionare gli argomenti e a scegliere uno stile immediato e “in presa diretta” (collegamenti e voci dai luoghi di svolgimento delle azioni). Questa sintesi quotidiana –  “radiofonica” e “spietatamente giornalistica” –  è compensata dagli approfondimenti e dai corollari multimediali inseriti nel sito www.giornaleradiosociale.it , nella pagina face book e in twitter. Allo stesso tempo l’edizione quotidiana del GRS così sintetica risulta particolarmente gradita perché supera una sindrome del nostro tempo, quella della cosiddetta scarsità dell’attenzione da parte delle persone e supera l’isolamento di ciascun genere della comunicazione sociale, spesso confinato nella comunicazione istituzionale delle singole associazioni e negli house organ. Il GRS cerca di legare le notizie le une alle altre, di legare i diversi generi intorno ai temi d’attualità (dall’ambiente ai diritti, dall’economia allo sport) dando un quadro d’insieme e avvicinando alla comunità del “pubblico sociale” anche chi, a prima vista, potrebbe considerarsene al di fuori. Il GRS fa conoscere il terzo settore, crea  reti e consapevolezza sociale. Dove può arrivare è difficile stabilirlo a tavolino.All’inizio dicevamo: la radio e il GRS è come noi….abbiamo cercato di spiegarvene il perché.

CALENDARIO

Seminario Interregionale – Evento di Fondazione Con il Sud
28-30 settembre 2012
Piazza dei Mestieri, Via Jacopo Durandi, 13, 10144 – Torino (TO)

Sessione mista Seminario interregionale
Seminari regionali
Agorà interregionali
Laboratori interregionali e regionali

Tutti i partecipanti al percorso formativo annuale e alla formazione continua, pilotaggio nazionale e pilotaggi regionali, staff  formativi nazionali e regionali, Comitato Scientifico.
Programma
per  info: http://www.fqts.org/

Formazione formatori
Seminario per formatori nazionali e regionali,  pilotaggio nazionale e comitato scientifico
26 ottobre 2012 – Roma
per  info: http://www.fqts.org/