FQTS sotto l’ombrellone – Co-programmazione? Si, ma quanto basta – Paolo Venturi e Flaviano Zandonai

La nuova rubrica di ‘FQTS sotto l’ombrellone’. Per il mese estivo i contributi dei docenti di FQTS per VITA, e le storie di alcuni dei partecipanti al percorso formativo che, dalla formazione, hanno ricevuto una crescita personale ed associativa e la capacità di generare un impatto sul territorio e per le comunità.


Il contributo di Paolo Venturi e Flaviano Zandonai, docenti della Scuola Quadri Terzo Settore per VITA.

Quanto basta. E’ un’indicazione che compare in moltissime ricette. Una misura indefinita che però fa la differenza nell’esito finale, un po’ perché riguarda ingredienti che danno sapore e amalgamano, un po’ perché il dosaggio sta nella sensibilità di chi cucina. Il q.b. potrebbe essere utilizzato come metafora per i diversi dispositivi di co-progettazione e co-programmazione al fine di alimentare percorsi di innovazione sociale con intenti trasformativi e non solo procedure amministrative che gestiscono l’esistente.

Tutto questo assume un’evidenza particolare quando in gioco ci sono infrastrutture sociali “dove” processi, funzioni e progetti interagiscono con elementi spaziali fatti di architetture, paesaggi, territori. Un passaggio tutt’altro che scontato, anzi che appare un “mondo invertito” guardando all’enfasi di un piano straordinario come il pnrr che invece insiste imperterrito sulla componente hard delle infrastrutture rischiando di schiantarsi in termini di efficacia, e probabilmente anche di efficienza.

La partita però non è chiusa, anzi. E a dircelo non è solo un cronoprogramma di investimenti che una volta assegnate le risorse dovrà preoccuparsi di “fare le cose”, ma anche la vitalità di un nuovo terzo settore post riforma che abbiamo visto all’opera nella nuova versione della formazione quadri fqts, quest’anno organizzata secondo un modello community-based. A partecipare alla formazione, infatti, non sono singoli enti di terzo settore e imprese sociali ma comunità che attingono anche dall’informalità della cittadinanza attiva e dal dialogo con le istituzioni.

A testimoniare questa tensione a scalare il proprio impatto nelle politiche di sviluppo e nelle progettualità di sistema mantenendosi ben radicati nei contesti comunitari c’è la dimensione degli investimenti sociali comunitari. Sempre meno iniziative che si collocano negli interstizi dei fallimenti dello stato e del mercato e sempre più infrastrutture dalla cui rigenerazione dipende il futuro di intere comunità. In sintesi: non solo sedi associative ma hub comunitari che hanno le carte in regola per dar vita ad autentiche “case di comunità”.

Il q.b. della co-programmazione e della co-progettazione diventa quindi cruciale nella misura in cui sa avviare e finalizzare azioni comuni che sono letteralmente intraprese da partecipanti capaci di agire legami di interdipendenza plurimi. Lo fanno perché sono consapevoli delle loro identità e responsabilità condividendo “in corso d’opera” (e non solo per mandato normativo) obiettivi comuni. In estrema sintesi un neomutualismo che recupera il piacere di cooperare ri-sostanziando forme e procedure ben riassunte nel motto “vitam instituere”.

Fonte: www.vita.it/it/article/2022/08/24/coprogrammazione-si-ma-quanto-basta/163833/

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