LA MANOVRA ECONOMICA DELLA PANDEMIA

FQTS SOTTO L’OMBRELLONE 

La nuova rubrica di FQTS con articoli, approfondimenti, spunti di idee e riflessioni dai nostri docenti, nell’ambito del percorso formativo portato avanti con FQTS.

Il secondo contributo ci arriva da Leonardo Becchetti, coordinatore della Linea Formativa 1 dell’Asse 3 di FQTS: “Co-Progettare per Ri-Generare- Strumenti e metodologie per generare impatto sui territori”.

Ad un anno e mezzo dall’inizio della pandemia, un primo bilancio “storico” della risposta economica all’evento più eccezionale e drammatico dai tempi del secondo dopoguerra. Manovra economica, ristori messi in atto, fronte occupazionale e licenziamenti, le difficoltà nel comprendere l’essenziale ruolo del Terzo settore nel sistema sociale ed economico.

 

LA MANOVRA ECONOMICA DELLA PANDEMIA

Ad un anno e mezzo dall’inizio della pandemia e dopo aver superato, speriamo, il suo momento più difficile è possibile fare un primo bilancio “storico” della risposta economica (un gigantesco coordinato salvataggio di emergenza) all’evento più eccezionale e drammatico dai tempi del secondo dopoguerra.

Al di là di tanti limiti e problemi con cui tutti combattiamo consentiamoci un momento di gratitudine di fronte ai segni del pur lento progresso civile nella storia umana. I racconti sulla peste nel capolavoro del Manzoni ci danno la misura di quanto oggi il progresso delle scienze mediche e anche della disciplina economica mette a disposizione mezzi e strumenti per mitigare gli effetti delle pandemie. In campo economico in particolare abbiamo sperimentato la più grande e massiccia manovra di emergenza per mettere in salvo famiglie e imprese nella storia recente. Manovra che si è strutturata lungo gli assi principali dei ristori e della sospensione di numerosi obblighi fiscali per far fronte alla crisi di liquidità delle imprese, della cassa integrazione straordinaria per evitare di pagare un prezzo carissimo in termini di disoccupazione, dell’integrazione di misure di reddito contro la povertà (bonus e reddito di emergenza) per far fronte alla crisi delle famiglie che si aggiungono al già esistente reddito di cittadinanza.

Il progressivo aggiustamento della manovra sui ristori è indice di un apprendimento progressivo. La prima risposta che punta su cifre contenute coperte al 100 percento da garanzia pubblica si rivela infatti inadeguata di fronte ad uno shock che colpisce in modo asimmetrico molto di più sui settori ad alta intensità di relazioni faccia a faccia. Si comprende presto la necessità di interventi più ampi ma anche dell’opportunità di una condivisione di una parte del rischio da parte dei beneficiari.

Sul fronte occupazionale il dato impressionante dell’operazione di salvataggio è la riduzione del volume dei licenziamenti persino rispetto al periodo ordinario. La copertura funziona bene per i lavoratori regolari con contratto a tempo indeterminato mentre le parti più deboli del mercato del lavoro (lavoratori a tempo determinato che non vedono rinnovato il contratto in scadenza e lavoratori irregolari) restano fuori dalla protezione.

In tutti questi provvedimenti colpisce la difficoltà di mettere a fuoco l’importanza delle organizzazioni di Terzo settore e di comprendere l’essenzialità del ruolo nel funzionamento del sistema sociale ed economico. Nei ristori e nella cassa integrazione si pensa subito e principalmente al modello di impresa tradizionale e si fa fatica a cogliere l’importanza di sostenere il valore sociale ed economico creato per cercare di aumentare la resilienza del Terzo settore di fronte allo shock pandemico.

Poiché in economia non esistono pasti gratis, questi interventi sono finiti sul conto del nostro debito pubblico che, in rapporto al PIL, è lievitato di circa 30 punti percentuali. Il “miracolo” di avere paradossalmente a disposizione una quantità maggiore di risorse pubbliche nella stagione più difficile dal secondo dopoguerra è possibile per un patto implicito con l’Europa che segna una rivoluzione macroeconomica in quattro passi: sospensione del patto di stabilità, aumento dei titoli pubblici detenuti dalla BCE, varo di politiche fiscali comuni (SURE e PNRR) coperte da emissioni comunitarie (i primi eurobond) a patto però di una forte condizionalità sull’uso delle risorse (regole di utilizzo dei fondi del PNRR).

Una volta superata la crisi pandemica l’Italia ha alte probabilità di ripartire di slancio per una serie di motivi. Primo, il desiderio delle persone di recuperare il tempo perduto e riprendere la vita sociale. Secondo, la scoperta dello smart work che rende possibile a fianco dei tradizionali rapporti faccia a faccia in presenza modalità di produzione alternative (relazioni “webinar” faccia a faccia a distanza e relazioni “whatsapp” senza coordinamento spaziale e temporale). L’utilizzo dei tre registri invece di uno è in grado di realizzare potenzialmente aumenti di produttività molto significativi rendendo allo stesso tempo più facile la conciliazione tra vita di relazioni e vita di lavoro. Terzo, le riforme di pubblica amministrazione e giustizia previste nel PNRR sono in grado di ridurre alcuni limiti strutturali del paese dando nuovo slancio all’economia.

C’è però un punto fondamentale senza il quale queste opportunità rischiano di essere vanificate. L’emergenza climatica sempre più pressante di qui al prossimo futuro rischia di portarci in nuovi vicoli ciechi se non capiamo che la transizione ecologica è l’unico sentiero possibile per andare avanti senza finire in burroni o crepacci. Le trasformazioni profonde necessarie in ambiti come la produzione di energia, la produzione industriale, l’agricoltura, l’allevamento, la mobilità e l’edilizia sono il passaggio chiave e rappresentano altrettante opportunità di trasformazione e sviluppo futuro. Fare semplicemente resistenza significa perdere il treno della transizione e farsi trovare inadeguati e impreparati di fronte ad un sistema globale (regole e mercati) in profonda trasformazione

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